L’analisi di decine di documenti non esaminati provenienti dall'industria del tabacco, resi disponibili nel 1998 come risultato di un accordo legale, hanno rivelato che le società del settore erano a conoscenza della radioattività contenuta nelle sigarette circa cinque anni prima di quanto si pensasse, e che le aziende del tabacco, per via del potenziale rischio di cancro al polmone, avevano iniziato approfondite indagini sui possibili effetti della radioattività sui fumatori già a partire dal 1960.
L'industria del tabacco non solo era consapevole della potenziale crescita di forme neoplastiche a livello polmonare nei fumatori regolari, ma aveva fatto anche un calcolo radiobiologico quantitativo per stimare la dose di radiazioni assorbite a lungo termine dal polmone emesse dalle particelle alfa ionizzanti contenute nel fumo di sigaretta.
Lo studio, pubblicato su Nicotine and Tobacco Research, ha fornito ulteriore documentazione al fatto che l’industria del tabacco fosse a conoscenza della radioattività del fumo di sigaretta, e dei suoi sforzi per nascondere queste informazioni.
La sostanza radioattiva presente nel fumo di tabacco è stata identificata nel 1964 come l'isotopo Polonio-210, che emette radiazioni alfa cancerogene.
Il Polonio-210 è presente in tutte le marche di sigarette disponibili in commercio, viene assorbito dalle foglie di tabacco dal gas naturale presente in atmosfera e dai fertilizzanti chimici contenenti alte quantità di fosfati usati dai coltivatori del tabacco.
La sostanza è poi inalata nei polmoni dai fumatori.
Lo studio ha preso in esame le ricerche che gli scienziati hanno condotto nel corso dei decenni per valutare i possibili effetti dell'isotopo radioattivo sui fumatori.
Tra questi, uno studio ha misurato quantitativamente il potenziale carico radioattivo polmonare per l'esposizione a 1-2 pacchetti di sigarette al giorno nel corso di un periodo di due decenni.
Sono stati effettuati calcoli indipendenti utilizzando i dati dell'industria e quelli accademici e sono stati ottenuti risultati che hanno rispecchiato molto da vicino quelli raccolti dagli studi di settore condotti quasi un quarto di secolo prima.
Questi risultati sono stati poi confrontati con i tassi utilizzati dall’EPA ( Environmental Protection Agency ) per stimare il rischio di cancro al polmone tra gli individui esposti a pari quantità di particelle alfa ionizzate nelle case.
I dati raccolti dai documenti relativi ai parametri radiobiologici delle particelle alfa, come dose, distribuzione e tempo di ritenzione, hanno permesso di replicare la dose di radiazioni assorbite dai fumatori regolari nel corso di un periodo di 20 o 25 anni, pari a 40-50 rad.
Questi livelli di rad, secondo le stime dell'EPA sul rischio di cancro polmonare nei residenti esposti al gas radon, equivalgono a 120-138 morti ogni 1.000 fumatori nel corso di un periodo di 25 anni.
Nonostante il potenziale rischio di tumore ai polmoni, le compagnie del tabacco si sono rifiutate di adottare una tecnica scoperta nel 1959 e poi un'altra sviluppata nel 1980 che avrebbe aiutato a eliminare il Polonio-210 dal tabacco.
La tecnica del 1980, conosciuta come lavaggio acido, è risultata essere molto efficace nel rimuovere il radioisotopo dalle piante di tabacco, formando un complesso insolubile in acqua con strutture appiccicose, simil-filamentose, chiamate tricomi, che ricoprivano le foglie.
Mentre l'industria ha spesso addotto preoccupazioni riguardo al costo e all'impatto ambientale come giustificazioni per non utilizzare il lavaggio acido, i ricercatori della UCLA ( Univerisity of California Los Angeles ) hanno reso pubblici documenti secondo i quali il vero motivo potrebbe essere stato molto diverso.
Secondo i ricercatori, i produttori erano preoccupati che l'acido potesse ionizzare la Nicotina, rendendo l'assorbimento a livello cerebrale più difficile, privando così i fumatori del picco momentaneo di Nicotina che alimenta la loro dipendenza.
L'industria inoltre era ben consapevole che il trattamento delle foglie di tabacco per un periodo maggiore di un anno non avrebbe eliminato il Polonio-210, che ha una emivita di 135 giorni, dalle foglie di tabacco perché esso era derivato da un’altra fonte, il Piombo-210, che ha una emivita di 22 anni.
Le particelle alfa insolubili si legano a resine nel fumo di sigaretta, si bloccano e si accumulano a livello delle biforcazioni bronchiali dei polmoni, formando cosiddetti punti caldi, anziché distribuirsi in tutto il polmone.
Precedenti ricerche eseguite durante autopsie di polmoni in fumatori morti di cancro ai polmoni avevano dimostrato che i carcinomi erano localizzati principalmente alla stessa biforcazione bronchiale in cui si formano questi punti caldi.
Era opinione comune che fossero i prodotti chimici nelle sigarette a causare il tumore del polmone, ma l'individuazione di questi punti caldi, riconosciuti dall'industria e dalle ricerche scientifiche, è a favore di una maggiore probabilità di sviluppare, nel lungo periodo, tumori maligni causati dalle particelle alfa. In alcuni casi la cellula irradiata da particelle alfa muore. In caso contrario, potrebbe mutare e diventare cancerosa.
Questi risultati sono di grande attualità alla luce del passaggio nel giugno 2009 del Family Smoking Prevention and Tobacco Control Act, che concede all’FDA ( Food and Drug Administration ) ampia autorità per regolare e rimuovere le sostanze nocive, ad eccezione della Nicotina, dai prodotti del tabacco.
La ricerca dell’UCLA fornisce quindi prove importanti e l’FDA dovrebbe considerare la possibilità di rimuovere le particelle alfa dai prodotti del tabacco come una priorità assoluta.
Il primo nesso di causalità tra le particelle alfa e cancro fu individuato intorno al 1920, quando è venne utilizzata una vernice che emetteva particelle alfa radioattive per dipingere numeri luminescenti sui quadranti degli orologi. ( Xagena2011 )
Fonte: Nicotine and Tobacco Research, 2011
Pneumo2011 Onco2011